Relazioni tossiche: come riconoscerle e come gestirle

Ciao a tutti e benvenuti in questo mi nuovo video – articolo. Oggi vi voglio parlare di relazioni tossiche. Cercherò di spiegare come fare a riconoscerle e come gestirle.

relazioni tossiche

Introduzione

Che cosa si intende per relazioni tossiche? Cercherò di darne una definizione in base alla mia esperienza come psicologo e psicoterapeuta. In generale una relazione può definirsi tossica quando è una relazione dove non riusciamo ad essere noi stessi, cioè la nostra soggettività, le nostre particolarità, la nostra libertà non sente di potersi esprimere, quindi non ci sentiamo liberi di portare in questa relazione i nostri pensieri e bisogni (emotivi e pratici) o perché diventiamo troppo passivi (ad esempio se ci mettiamo nella posizione di vittima) e ci reprimiamo, oppure se diventiamo troppo aggressivi, troppo impositivi.

Quindi una relazione diventa tossica quando ciascuno dei due è di ostacolo alla crescita psicologica dell’altro. Infatti è importante ricordare che si tratta di una dinamica psicologica e quindi sono entrambi gli individui che si comportano in modo da rendere tossica la relazione.

Riattivare traumi del passato

Se mi rendo conto di impedire al mio partner o alla mia partner di avere ad esempio altre relazioni e amicizie, interessi al di fuori della coppia, perché magari sono troppo geloso, questo è segno di possibile tossicità all’interno del rapporto.

Un partner diventa tossico quando riattiva vecchie ferite psicologiche nell’altro partner, cioè quando riattiva traumi del proprio passato. Traumi è una parola che può essere usata sia per situazioni vissute nell’infanzia apparentemente non gravi che però hanno segnato la nostra psiche ( es: un genitore che spesso mi svalutava e mi faceva sentire sbagliato o inadeguato) sia rispetto a situazioni vissute nell’infanzia molto forti e intense, i cosiddetti traumi da shock (es: violenza fisica o sessuale, morte improvvisa di un genitore ecc..)

Quindi a volte i nostri partner possono essere “ritraumatizzanti”, cioè riattivano delle nostre ferite. Faccio un esempio: se nella mia infanzia i miei genitori mi facevano sentire pesante nei miei bisogni, si mostravano infastiditi quando avevo delle richieste e adesso sto con una persona che si mostra disinteressata o infastidita per delle mie richieste giuste, ecco che allora questa relazione del presente potrebbe riattivare i miei traumi e ferite psicologiche infantili.

Relazioni tossiche: alcuni esempi

Vediamo alcuni esempi pratici di relazioni tossiche. Ad esempio mi rendo conto di essere troppo focalizzato su di me oppure il partner su se stesso, se vedo il mio partner che si disinteressa dei miei bisogni e sembra provare fastidio nel venirmi incontro, non cercando mai di mediare ma si impone nella relazione o in modo attivo (con un atteggiamento arrogante e prepotente) oppure in maniera passiva (attraverso i musi lunghi, togliendomi come dire la parola, diventando molto permaloso) questi possono essere tutti segnali di tossicità.

Infatti chiudersi e non parlare, non cercare una mediazione, non spiegare i propri bisogni diventa comunque un modo per manipolare l’altro.

Se in una relazione non abbiamo mai tempo per l’altro e abbiamo sempre altre cose più importanti da fare come impegni lavorativi inderogabili, anche questo è segno di un rapporto che va rivisto.

La mancanza di sincerità, o comunque il fatto di rendersi conto che gran parte della propria vita e pensieri, non vengono raccontati o vengono edulcorati e filtrati (non parlo di piccole cose) questo significa che c’è qualcosa che non va nel rapporto.

In altri casi può succedere che ci si sente troppo spesso in colpa verso il partner e ci si sacrifica eccessivamente mettendo da parte i propri bisogni e desideri perché si è convinti che questo atteggiamento può salva la relazione.

Come gestire o uscire da relazioni tossiche?

Vi descrivo alcuni atteggiamenti e consapevolezze che possono essere molto utili per uscire da una relazione tossica.


1) smettere di sacrificarsi per l’altro: l’amore non è basato sul sacrificio o sull’ abnegazione. Quindi basta fare l’infermiera per il proprio partner. È un campanello dall’arme che ci dice che non siamo più in un rapporto di coppia ma che siamo finiti in un rapporto di tipo genitoriale, cioè facciamo il genitore per il nostro partner.

2) smettere di imporsi agli altri: è importante prenderne consapevolezza e smettere di farlo perché imporsi con manipolazioni, sensi di colpa, ricatti affettivi o aggressività fisica o verbale distrugge il rapporto.

3) imparare a rispettare i limiti miei e i limiti dell’altro: ognuno deve essere abbastanza maturo e libero da sviluppare un sano egoismo. Gli altri non possono essere lì solo per noi e noi non possiamo essere lì solo per gli altri. Annullarsi è sbagliato, sacrificare totalmente se stessi è sbagliato così come chiedere all’altro di farlo per noi.

4) usare il dialogo: cercare di ascoltare l’altro e mettersi nei panni dell’altro (esercitare l’empatia) reciprocamente. Smettere di vedere l’altro come un genitore ma lavorare su se stessi perché per stare bene in coppia bisogna essere adulti. Infatti per stare bene in coppia devi stare abbastanza bene da solo o da sola. E’ importante che ognuno lavori per diventare realmente responsabile di sé è autonomo; l’autonomia è la base per poter avere delle relazioni sane.

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Sintomi degli attacchi di panico: quali sono e come riconoscerli

Introduzione

Ti è mai successo di avere un attacco di panico? Probabilmente si: infatti prima o poi capita a tutti di avere un momento in cui l’ansia diventa così intensa da sentirci sconvolti, bloccati, fortemente impauriti, confusi rispetto a quello che ci sta succedendo. Ma non c’è da preoccuparsi; l’ansia e il panico sono meccanismi che la natura ci ha dato per proteggerci dai pericoli reali e spingerci ad interrogarci su noi stessi. In questo articolo descrivo i sintomi fisici degli attacchi di panico, gli eventi scatenanti e le cause psicologiche.

attacchi di panico: quali sono i sintomi?
Attacchi di panico

Attacchi di panico: definizione

Gli attacchi di panico sono caratterizzati da un’ansia molto forte e improvvisa. Alcune volte sono riconducibili ad una specifica situazione (come ad esempio nelle fobie: paura di volare, di prendere l’ascensore ecc..) ma altre volte chi ne soffre non riesce a capire cosa può averli scatenati. Proprio questa imprevedibilità li rende ancora più spaventosi e spinge molte persone a rinchiudersi in casa per cercare di evitare di provare le spiacevoli sensazioni che il panico porta con sé.

Attacchi di panico: sintomi fisici

Vi elenco qui di seguito i sintomi caratteristici:

  • accelerazione del battito cardiaco (tachicardia)
  • sensazione che il cuore abbia saltato un battito; può essere avvertita all’altezza del petto, del collo o della gola (palpitazioni)
  • improvvisa sudorazione
  • tremori improvvisi: si inizia a tremare in varie parti del corpo, come le gambe o i polsi.
  • respirazione faticosa: si fa fatica a respirare, si ha la sensazione che manchi il fiato o di soffocare, per questo motivo viene istintivo cercare di fare respiri profondi
  • dolore al petto: si avverte una sensazione di peso o di schiacciamento al petto che crea dolore.
  • nausea o dolori addominali
  • sensazione di sbandamento, di instabilità fisica, come se si stesse per svenire
  • paura di non avere più il controllo di se stessi, delle proprie azioni e dei propri pensieri, paura di impazzire
  • intensa paura di morire
  • sensazioni fastidiose di formicolio, spesso alle mani o ai piedi.
  • si alternano sensazioni di brividi o vampate di calore
  • alcune persone avvertono la sensazione che ciò che gli accade non sia reale (derealizzazione)
  • sensazione di essere staccati dal proprio corpo, come se si osservasse la scena da fuori (depersonalizzazione)

Si parla di disturbo di panico se ci sono stati almeno due episodi di panico intenso in un periodo di tempo ravvicinato (qualche giorno o settimana). Ogni attacco dura in media dai 5 ai 20 minuti, per poi scomparire gradualmente. Anche se breve, è un’esperienza molto spaventosa per chi l’ha sperimentata; di solito lascia un senso di stupore e incredulità.

La buona notizia è che di panico non si muore e che si può curare con ottimi risultati!

Attacchi di panico sintomi notturni

L’attacco di panico può avvenire anche di notte, durante il sonno. In questo caso i sintomi “notturni” degli attacchi di panico sono:

  • risveglio improvviso
  • forte ansia
  • tachicardia
  • tremori
  • brividi o vampate di calore
  • dolore al petto
  • sensazione di forte smarrimento e confusione
  • depersonalizzazione e derealizzazione
  • paura di morire e di avere un infarto

Quando il panico sopraggiunge di notte è ancora più inaspettato e spaventoso perché ci si trova in uno stato di totale abbandono e rilassamento, dove non c’è controllo e volontà, situazione tipica di chi sta dormendo. In questi casi ci si sente impotenti e fragili. Ecco che allora può emergere paura a riaddormentarsi per evitare di sperimentare un nuovo attacco.

Le statistiche dicono che circa la metà di coloro che soffrono di panico sperimenterà prima o poi il panico notturno. Alcuni pensano che siano legati a sogni angoscianti o incubi, ma in realtà il panico notturno emerge nelle fasi precoci del sonno e non nella fase durante la quale sogniamo (fase REM).

Cause degli attacchi di panico

Le cause di una attacco di panico possono essere molto diverse. A volte la causa può essere una e specifica: un esempio classico sono le fobie. Infatti chi ha paura di prendere l’ascensore avvertirà una forte ansia fino al panico al solo pensiero di entrarci. Altre volte le cause del panico hanno radici psicologiche più profonde e differenti da individuo ad individuo.

Infatti la vita, a partire dalle esperienze infantili, ci porta a costruire delle credenze su come funzionano i rapporti o su quello che pensiamo di noi stressi. Queste credenze sono come dei filtri attraverso i quali guardiamo la realtà o noi stessi e ci influenzano a livello inconscio. Se ad esempio abbiamo avuto esperienze traumatiche o rapporti difficili con i nostri genitori potremmo aver maturato la convinzione inconscia che nella vita bisogna tenere tutto sotto controllo e non ci si può mai affidare agli altri. Oppure potremmo esserci convinti che prendere una nostra personale direzione nella vita e differenziarci da chi amiamo metta a repentaglio i rapporti e noi stessi.

Queste sono solo alcune delle possibili credenze inconsce che sono alla base degli attacchi di panico e dell’ansia patologica in generale. La psicoterapia serve ad individuare queste credenze, chiarendo come si sono formate e intervenendo per cambiarle o mitigarle.

Ci sono alcune situazioni che tendono a far emergere gli attacchi di panico perché vanno a stimolare quelle credenze e i conflitti inconsci che generano. Alcune situazioni di vita slatentizzassero problematiche e conflitti psicologici che erano già presenti ma non si vedevano. Ecco i principali eventi di vita che fanno emergere il panico:

  • stress relazionale ( es: rottura di un rapporto sentimentale)
  • andare a vivere da soli
  • rapporti difficili con un collega o con un capo
  • troppe cose da fare in una giornata
  • incidenti
  • morte di un genitore o di un parente
  • malattie fisiche
  • problemi finanziari
  • promozione o licenziamento

Conclusioni

A tutti prima o poi nella vita capiterà di avere un attacco di panico; è un’esperienza assolutamente normale anche se spaventosa. Se però succede spesso allora è meglio intervenire. Può infatti essere un’occasione unica di crescita personale per migliorare la propria qualità di vita e diventare anche più se stessi e liberi di prima.

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Narcisismo patologico: il problema fondamentale è l’autostima. Qual è l’atteggiamento migliore per affrontare il narcisista.

Nel video – articolo di oggi vado ad affrontare il problema principale del narcisismo patologico: l’autostima. Spiego inoltre qual è secondo me l’atteggiamento migliore per relazionarsi con un narcisista, sia che si tratti di un narcisista manipolatore che di una persona con tratti narcisistici.

SIGNIFICATO DI NARCISISMO

Ma qual è il significato di narcisismo? Possiamo definire il narcisismo come il bisogno inconscio di proteggere la propria autostima.

Partiamo con un piccolo ripasso: che cosa si intende per personalità narcisistica? Il narcisismo patologico è caratterizzato da tre principali aspetti:

1) grandiosità: consiste nel bisogno di sentirsi unici, speciali, inarrivabili, migliori, perfetti, non criticabili;

2) bisogno di ammirazione: chi ha una personalità narcisistica ha bisogno di sentire ammirazione provenire dallo sguardo altrui e di essere sempre al centro dell’attenzione;

3) mancanza di empatia: consiste nella difficoltà di mettersi nei panni degli altri e di capire l’effetto che hanno le proprie azioni e comportamenti, perché si è concentrati quasi esclusivamente sui propri bisogni, fino ad arrivare allo sfruttamento e alla manipolazione.

Narcisismo patologico
Narcisismo patologico

NARCISISMO PATOLOGICO: TIPI DI NARCISISMO

Esistono due principali tipi di narcisismo patologico: il narcisismo “overt” e il narcisismo “covert”. Andiamo ora a vedere più nel dettaglio i profili affetti da queste tipologie di narcisismo.

TIPI DI NARCISISMO: NARCISISMO OVERT

Il narcisista “overt” è quello apertamente grandioso, arrogante, sfruttatore, in modo visibile, palese, probabilmente il tipo di narcisista più diffuso e più facilmente riconoscibile.

TIPI DI NARCISISMO: NARCISISMO COVERT

Il narcisista “covert” (tradotto in italiano con “coperto”) si mostra apparentemente come una persona fragile, timida, introversa, bisognosa, ma in realtà con una frequentazione più assidua e attenta, si ci accorge che la persona affetta dal narcisismo covert è focalizzata principalmente sui propri bisogni, scarsamente empatica, e tende spesso ad assumere il ruolo della vittima, manipolando gli altri al fine di ottenere da loro attenzioni e la soddisfazione dei propri bisogni, sfruttando spesso il ricatto emotivo e il senso di colpa.

Il narcisismo covert è spesso più difficile da individuare perché più subdolo, nascosto da un apparente atteggiamento dimesso; si “aggancia” a livello relazionale soprattutto a persone che hanno un forte bisogno di occuparsi degli altri, perché si sentono facilmente in colpa se non lo fanno (la così detta “sindrome dell’infermiera/e”) e facendosi vampirizzare, manipolare, arrivando a strutturare rapporti di dipendenza emotiva con il narcisista.

NARCISISMO PATOLOGICO: CAUSE

Freud e la psicoanalisi ci hanno insegnato che la personalità narcisistica ha un problema fondamentale: la scarsa autostima. La lotta principale che il narcisista si trova ad affrontare ogni giorno è una sola: mantenere in piedi la propria autostima, intesa come l’insieme di giudizi che ognuno di noi ha riguardo sé stesso.

Tutto ciò può suonare strano perché i narcisisti spesso, soprattutto i narcisisti overt, si mostrano spavaldi e arroganti. In realtà questo è una tecnica che utilizzano per proteggersi dalla possibilità di sentirsi sbagliati e inadeguati, inferiori, deboli, di essere rifiutati.

NARCISISMO PATOLOGICO: MONDO ESTERNO E VERGOGNA

Il problema non è tanto il rapporto con sé stessi o con i propri valori e nemmeno una eccessiva severità con sé stessi, ma si tratta di un problema con il mondo esterno, cioè su come gli altri possono giudicarlo.

Infatti, per i narcisisti non si parla di senso di colpa ma di vergogna. Cosa significa esattamente provare senso di vergogna? Il narcisista teme il giudizio dell’altro su di lui e non il giudizio di sé stesso dato da sè stesso, che genera invece senso di colpa nelle persone normalmente nevrotiche, che sono fortunatamente ancora la maggioranza.

Ecco perché le persone con un’organizzazione di personalità narcisistica in psicoterapia raccontano di un loro senso di vuoto interiore, perché è tutto spostato verso l’esterno, verso l’approvazione, mentre in chi soffre ad esempio di ansia di origine nevrotica il problema sta nell’eccessiva severità che rivolgono verso sé stessi.

NARCISISMO PATOLOGICO: IL DRAMMA DEL FALSO SE

Il dramma del narcisista è che ha imparato sin da piccolo che è fondamentale apparire infallibile, perfetto, forte, speciale, non mostrare mai un segno di debolezza. Quindi sin da piccolo il narcisista si è trovato a dover apparire, anche se questo significa mostrarsi completamente diversi da come si è in realtà.

In psicologia si dice che ha sviluppato un “falso Se”, cioè una sorta di maschera che è stato costretto ad indossare per essere stimato, apprezzato e accettato, soprattutto dalla sua famiglia di origine.

I bambini destinati a diventare narcisisti hanno, in realtà, una triste storia familiare dove non sono stati incoraggiati ad esprimere liberamente se stessi e a realizzare i propri desideri e bisogni, ma sono stati spinti in modo più o meno diretto a identificarsi con le aspettative familiari, a soddisfare i bisogni emotivi dei genitori, sopprimendo man mano il proprio “vero Se”.

Questo è valido per ogni persona: per crescere in modo sereno e diventare un adulto felice, è necessario che da bambino qualcuno lo aiuti davvero a capire chi è ed a trovare la strada giusta per potersi esprimersi liberamente, senza sentirsi obbligato ad apparire.

FREUD E IL NARCISISMO

Ricordiamoci comunque, come Freud ci ha insegnato, che in realtà tutti noi possediamo una quota più o meno piccola di narcisismo ed è importante averla, perché contribuisce alla cura della presentazione di noi stessi su come ci presentiamo al mondo esterno.

Il narcisista patologico in realtà soffre e soffre tanto. Lui stesso è una vittima del narcisismo. Infatti, non si nasce narcisisti ma si viene allevati in questo modo dalla famiglia di origine e dalla società.

Ovviamente dobbiamo difenderci dalle manipolazioni che spesso il narcisista mette in atto per raggirarci facendoci fare quello che vuole e salvare così la sua autostima, ma dobbiamo anche capire che è sbagliato dividere il mondo tra buoni e cattivi perché questo atteggiamento porta solo a divisioni e conflitti senza senso.

È importante capire qualcuno e i suoi errori, senza per forza giustificarlo; ma capire ci aiuta a non riempirci di rabbia quando subiamo o abbiamo subito dei maltrattamenti da un narcisista e ci porta a superare in maniera più facile e veloce queste situazioni. La rabbia ci tiene legati al passato e all’illusione di poter cambiare qualcuno che non vuole o non sa cambiare; invece è importante utilizzare la rabbia per trasformarla in assertività ed energia per realizzarci nella vita.

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Senso di colpa: come gestirlo (Video n.1)

Ciao a tutti! In questo video articolo torno a parlare di senso di colpa, vi spiegherò in cosa consiste, come distinguerlo dalla vergogna, quando è sano sentirsi in colpa e quando diventa malsano e dannoso per la nostra salute mentale e fisica.

Differenza tra senso di colpa e vergona

Voglio iniziare cercando di distinguere tra senso di colpa e vergogna; infatti a volte vengono confusi ma sono due cose ben diverse.  

Senso di colpa

Vergogna: che cos’ è?

La vergogna è una sensazione spiacevole, un turbamento interiore accompagnato da emozioni come tristezza e paura, che sperimentiamo quando abbiamo infranto una regola morale o sociale e siamo stati scoperti; ad esempio potrei provare vergogna nel dire al mio vicino di casa che ho perso il lavoro. Infatti si può dire che la vergogna ha una natura più narcisistica perché ha a che fare con lo sguardo degli altri.

Senso di colpa: sintomi

Il senso di colpa mi manifesta sempre con un turbamento interiore più o meno profondo, con sensazioni spiacevoli ed emozioni come paura, rabbia, tristezza derivate da un atto mancato o compiuto che ci fa sentire di aver violato una nostra regola etica o morale e si manifesta anche se nessuno ci vede o sa di questa violazione (ad esempio se vado molto veloce in macchina e provoco un incidente attraversando un incrocio con il semaforo rosso, mi sentirò in colpa). Il senso di colpa genera sensazioni e pensieri di rimorso, rimpianto che creano una tensione interna. Si possono associare sintomi come mal di testa, dolori allo stomaco, ansia, insonnia. In casi più estremi può portare a forme di autopunizione.

Ci sentiamo invasi da una sensazione spiacevole e rivolgiamo verso di noi accuse e giudizi severi che ci fanno stare male; Se il senso di colpa è molto intenso ci sentiamo totalmente invasi da quelle sensazioni, immersi, sovrastati, schiacciati, il pensiero torna sempre su quell’evento o situazione che ci tortura.

Senso di colpa sano

Ma il senso di colpa è sempre inutile o patologico? No, infatti per poter vivere in società abbiamo bisogno di condividere delle regole morali, che ci permettono di mantenere un certo ordine e evitare quindi il caos.

Il fatto di possedere dentro di noi delle regole che ci sono state insegnate dalla nostra famiglia e dalla società in cui viviamo ci permette di regolare il nostro comportamento e le relazioni. Se ad esempio, nell’esempio che ho fatto prima, ho causato un incidente con la mia macchina infrangendo delle regole del codice stradale è giusto che io provi un senso di colpa e che quindi intervenga per aiutare o rimediare quando è possibile.

Esiste quindi un senso di colpa sano che funziona come un autoregolatore interno; in questo caso sarebbe più giusto parlare di senso di responsabilità. Infatti nella nostra cultura il termine colpa si è intriso di un significato più generale e spirituale che deriva anche dai valori religiosi soprattutto di origine cattolica. In alcune persone infrangere una regola morale viene spesso associata alla punizione divina o comunque ad una profonda sensazione di essere sbagliati come persone, quindi di un giudizio negativo verso noi stessi che diventa globale.

Dall’altra parte anche l’assenza totale di senso di colpa diventa quindi un indicatore di malessere psicologico.

Senso di colpa patologico

Ma invece quando il senso di colpa può diventare eccessivo e patologico? Se nel soggetto c’è una eccessiva tendenza a responsabilizzarsi per ciò che accade fuori di lui o per le emozioni che prova o i pensieri che pensa  si può parlare di senso di colpa patologico.

La persona in questione sarà continuamente tormentata da rimorsi, ansia, pensieri ossessivi e intrusivi perché tenderà ad esagerare il proprio ruolo e responsabilità in quello che gli accade, fuori e dentro di lui o lei. Non riuscirà quindi più a distinguere il sano egoismo dal comportamento etico e morale sbagliato. Inoltre questo meccanismo di colpevolizzazione avverrà in modo automatico, inconscio, cioè al di la della volontà del soggetto.

Alcune persone si sentono in colpa in modo intenso e duraturo anche solo per aver pensato o desiderato qualcosa che ritengono moralmente sbagliato; questo è indice di una rigidità nella parte inconscia della nostra mente dove sono contenute le varie regole morali e insegnamenti ricevuti nell’infanzia e da ognuno di noi poi interiorizzati; Freud ha definito questa struttura il super io; ecco quando il super io è troppo rigido  è come se dentro di noi ci fosse un giudice molto severo e pronto a puntarci il dito e punirci.

Come nascono i sensi di colpa?

Ma da dove arriva questa tendenza a sentirsi eccessivamente responsabili? L’origine è sempre da ricercarsi nell’infanzia e nelle relazioni con i genitori o le principali figure di accudimento.

Provo a fare un esempio: se  da bambino sono stato giudicato, colpevolizzato ogni volta che mi allontanavo da mia madre per esplorare in modo sano e legittimo l’ambiente ecco che da adulto potrei sentirmi in colpa quando cerco la mia autonomia.

Oppure se da piccolo mi sono convinto che dovevo essere io con i miei comportamenti a rendere felici mamma e papà ecco che da adulto potrei  avere difficoltà a dire di no in modo sano alle richieste eccessive di aiuto che mi potranno arrivare, tendendo sempre a sacrificare i miei bisogni per quelli degli altri.

In psicoterapia si ripercorrono le relazioni familiari, le dinamiche, cioè il modo in cui si comunicava e le aspettative che abbiamo avvertito su di noi fin da bambini per capire da dove nascono i sensi di colpa patologici.

Come dicevo prima, fino ad un certo livello è sano e giusto che proviamo sensi di colpa. I

l problema è quando questa sensazione diventa pervasiva e ci condiziona eccessivamente la vita fino a auto-sabotarci e a privarci di esperienze positive perché non riusciamo a sviluppare il sano egoismo che è essenziale per essere felici.  

Solo quindi ripercorrendo in psicoterapia le varie epoche della nostra vita potremo diventare coscienti di come ci siamo formati delle credenze su noi stessi e sul mondo che diventano patogene, e di come in modo inconscio hanno spesso governato la nostra vita. Impareremo inoltre ad accettarci pienamente per quello che siamo e per i nostri bisogni imparando a distinguerli da quelli che ci sono stati imposti dalla famiglia o dalla società, diventando quindi più liberi.

Primo esercizio: come ridurre il senso di colpa “nevrotico”

Un primo esercizio che tutti possiamo fare e quello di prendere per un attimo distanza dai nostri sensi di colpa per capire se sono ragionevoli o meno; proviamo a scrivere ciò che ci tormenta e proviamo poi a rileggerlo come se a raccontarlo fosse un nostro amico, quindi cercando di operare un distacco emotivo. Ora chiediamoci se quelle parole scritte ci fanno lo stesso effetto. Se ce le raccontasse un nostro amico ci sentiremmo di condannare totalmente quella persona? Qual è il reale ruolo che il nostro amico ha in quello che ci racconta? E’ veramente e unicamente sua responsabilità ciò che è successo?

Conclusioni

Senso di colpa e vergogna sono due sensazioni differenti. Esiste un senso di colpa sano e uno patologico. In psicoterapia si comprende l’origine del senso di colpa e come ci condiziona nella vita di tutti i giorni; questo ci permette di sentirci finalmente più liberi e felici.

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Narcisista covert: come affrontarlo con assertività. Consigli pratici.

Introduzione

Narcisista covert : come affrontarlo con assertività. Consigli pratici. Ciao! Nel video – articolo di oggi ti parlerò di una tipologia specifica di Narcisismo, il narcisismo covert. Ti spiegherò quali sono le principali caratteristiche di questo tipo di narcisismo e come affrontarlo.

Narcisista covert

Siamo abituati a pensare al narcisista, uomo o donna che sia, come ad una persona piena di sé, arrogante, grandiosa nei modi e nelle espressioni, sempre pronta a glorificare se stesso e le proprie imprese. E’ estroverso e ama stare al centro della scena. Vuole essere ammirato, adorato, ha un eccessivo bisogno di ammirazione e mancanza di empatia. Questa tipologia più classica, viene definita narcisismo “overt”.

Ma esiste anche una tipologia di narcisismo viene definita “covert”, (termine inglese che significa nascosto), che si comporta in maniera opposta, cioè appare timido, riservato, introverso. Ha molta paura del giudizio e del rifiuto  per questo spesso evita le relazioni sociali. Come ho spiegato in un video precedente in entrambe le tipologie di narcisismo c’è sempre un’ autostima fragile, solo che nel modello più classico viene coperta con questo atteggiamento grandioso, mentre nel covert il soggetto cerca di evitare tutte quelle situazioni dove la sua autostima potrebbe essere in pericolo.

Patisce molto la critica e cerca di evitare ogni tipo di confronto con l’altro, è alla ricerca costante di approvazione e di sentirsi unico e speciale. Se non riceve l’attenzione che pretende può diventare anche molto aggressivo, anche se a volte lo fa in modo passivo, attraverso il silenzio e il broncio. Anche qui sono presenti fantasie di grandiosità, solo che sono nascoste da un atteggiamento apparentemente umile timido, modesto. Riferisce di provare molta ansia e a volte sono presenti episodi di attacchi di panico.

Narcisista covert nelle relazioni

Spesso si presentano come artisti sensibili o intellettuali. Se si osservano bene nei rapporti in realtà spesso sfruttano gli altri, con un atteggiamento passivo, bisognoso dove in realtà l’altro viene manipolato attraverso il senso di colpa.

Nella relazioni poco alla volta si apre all’altro, ma si presenta come sfortunata, sofferente, per spingere e manipolare l’altro. Utilizza molto il vittimismo per spingere gli altri a fare quello che vuole lui o lei. E’ molto cetrato in realtà su di sé e suoi suoi bisogni e dimostra scarsa empatia. Infatti se l’altro fa delle richieste il narcisista covert in realtà si rifiuta colpevolizzandolo ulteriormente poiché è lui quello bisognoso.

Narcisista covert: come affrontarlo?

Come affrontare il narcisista covert? Anche in questo caso l’assertività ci viene in aiuto! Ecco alcuni consigli pratici:

  1. Come ho spiegato nei diversi video che troverete nella playlist dedicata all’assertività, dobbiamo sempre stare molto attenti a non farci manipolare dai sensi di colpa. Questi individui spesso utilizzano il senso di colpa per poterci controllare e mantenere legati al loro; ricordiamoci che la colpevolizzazzione può essere utilizzata sia in modo diretto facendoci delle accuse oppure indiretto facendoci sentirci in colpa attraverso il vittimismo.
  2. Diffidiamo di chi non è capace di riconoscere anche il proprio ruolo e le proprie responsabilità nelle cose che gli capitano nella vita. Infatti può capitare che all’inizio di un rapporto qualcuno ci faccia tenerezza quando ci racconta delle proprie sventure e ci può venire voglia di aiutarla. Ma ci dobbiamo sempre chiedere: questa persona cerca attivamente di portare dei cambiamenti nella propria vita? Questa persona cerca di chiedersi in che modo ha contribuito a trovarsi nelle situazioni di difficoltà che ci racconta?
  3. Ricordiamoci che nei rapporti è fondamentale la reciprocità: dobbiamo dare quanto riceviamo e ricevere almeno quanto diamo.

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Narcisismo e autostima fragile

Introduzione

Narcisismo e autostima fragile. Ciao a tutti, questo articolo e video fa parte della playlist che sto realizzando sull’autostima. Se ti sei perso i video precedenti ti lascio qui il link alla playlist che sto realizzando sul mio canale youtube. Mi raccomando iscriviti al canale e attiva la campanella per rimanere sempre aggiornato sui video che pubblico.

Narcisismo

Narcisismo e autostima

 Come ho accennato nello scorso video una forma di autostima malsana è il narcisismo. Si sente spesso parlare male del narcisismo e dei narcisisti. Certo può essere difficile convivere con una persona narcisista, sia nella vita privata che a lavoro.

Ma come cercherò di spiegare in questo video in realtà la persona narcisista è a sua volta una persona a cui manca un sano equilibrio psicologico, spesso nata in una famiglia che non ha saputo svolgere in modo corretto il ruolo educativo e che da adulto spesso soffrirà oltre che arrecare sofferenze.

Certamente non voglio giustificare chi crea problemi e sofferenze agli altri, ma è necessario comprendere come nasce il narcisismo per non cadere banalmente in una distinzione tra buoni e cattivi. Inoltre comprendere ci aiuta a superare e affrontare anche questa tipologia di persone.

Narcisismo: caratteristiche principali

Bene, chiarito questo vediamo quali sono le caratteristiche del narcisismo.

Esistono due tipi di narcisismo. Nel primo, quello più classico, possiamo osservare 3 tratti caratteristici: la grandiosità (nel senso di sentirsi grandiosi, superiori agli altri), la mancanza di empatia (incapacità di sintonizzarsi con i bisogni e le  emozioni degli altri) e un bisogno intenso, eccessivo di ammirazione. Naturalmente queste 3 componenti possono essere presenti in dimensioni diverse a seconda della persona.

Il secondo tipo di narcisismo viene definito  “covert” (nascosto): in questo caso il soggetto è ipersensibile alle critiche e totalmente concentrato al di fuori di se; osserva l’altro per valutare come viene visto, giudicato e si offende molto facilmente. Tutti noi possediamo un certo grado di amore per noi stessi ed è sano che sia così; possiamo dire che fino ad un certo grado esiste un narcisismo sano! Diventa patologico quando la capacità di amare e di entrare in empatia con gli altri salta, è l’altro diventa solo un oggetto “usato” per soddisfare i propri bisogni.

Quindi in entrambe le tipologie di narcisismo che vi ho presentato il problema è sempre l’autostima; infatti questi soggetti lottano per cercare di mantenere in piedi la stima di se stessi. Il primo cerca di stupire e impressionare mentre il secondo cerca di evitare le situazioni dove può sembrare vulnerabile e studia come può apparire agli altri.

Come si diventa narcisisti

Ma come mai il narcisista si comporta così? E’ dovuto al rapporto con i genitori, alle esperienze infantili oppure si nasce con questi tratti e quindi è una questione genetica? La ricerca non ha saputo ancora rispondere in modo chiaro a questa domanda, probabilmente è un insieme di tutti questi fattori combinati.

L’esperienza clinica con questi pazienti ci ha insegnato che spesso sono nati in famiglie dove veniva chiesto loro (a volte in modo diretto altre volte in modo indiretto) di adeguarsi alle aspettative (spesso perfezionistiche) e ai bisogni dei genitori,  non ricevendo stima e affetto per quello che erano realmente, quindi una famiglia dove è mancata una reale empatia e ascolto e una gestione corretta della relazione. Oppure a volte nascono in famiglie troppo indulgenti, che hanno riempito i figli di complimenti e attenzioni che poi loro non ritrovano nel mondo esterno.

Conclusioni

Quello che è importante capire è che le persone con una personalità o solamente dei tratti narcisistici hanno un’autostima molto fragile e cercano in tutti i modi di evitare situazioni dove sentono che sia messo in discussione il loro valore, e possono farlo con la grandiosità e l’aggressività oppure con una estrema timidezza e ritiro dalla società.

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Bassa autostima psicologo Torino

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Introduzione

Fare esperienza nella vita è importante. Imparare direttamente sulla nostra pelle è fondamentale. Il vero apprendimento passa attraverso l’esperienza diretta. Per aumentare una bassa autostima bisogna fare nuove esperienze che poco alla volta modificano il giudizio che abbiamo di noi stessi. In questo articolo voglio spiegarvi come la buona autostima si costruisce poco alla volta concedendosi di fare esperienze, provare, sbagliare, capire cosa dobbiamo modificare e ripetere.

Autostima e esperienze

Cosa si intende per autostima? Mi riferisco al livello di fiducia, apprezzamento, stima, soddisfazione che sentiamo per noi stessi. Una buona autostima non consiste nel sentirsi infallibili o onnipotenti, ma avere una realistica visione di se stessi fatta di pregi e difetti e avvertire una buona fiducia nella possibilità di raggiungere gli obbiettivi che abbiamo in mente. Questa fiducia non nasce in noi spontaneamente ma si costruisce nel tempo facendo esperienza diretta che siamo in grado di affrontare e risolvere le piccole e grandi difficoltà della vita.

Fare o pensare?

Quando facciamo qualcosa concretamente, non solo riflettendo o pensandoci, i ricordi si fissano in maniera più forte nella nostra memoria. Se poi la stessa esperienza o comportamento la ripetiamo più volte essa si fissa così in profondità nella nostra memoria inconscia da diventare automatica. La stima di noi stessi si basa proprio sul vedere concretamente che possiamo riuscire a fare ciò che abbiamo in mente, a realizzare i nostri obiettivi, partendo da cose semplici. Questo percorso inizia da bambini; i genitori devono quindi sostenere ed accompagnare i figli ma devono anche lasciarli liberi di fare esperienze e fare i propri errori! Ecco perché chiudere i figli in una campana di vetro è sbagliato!!

Ovviamente anche pensare e riflettere è importante, soprattutto quando abbiamo cercato di fare qualcosa ma abbiamo commesso degli errori; è importante in questo caso prendersi del tempo per pensare ai motivi per cui abbiamo sbagliato e elaborare nuove strategie. Tuttavia a volte il pensare troppo diventa una difesa per non affrontare la paura di agire e di sbagliare! Ricordiamoci sempre che tutti commettiamo errori! E’ attraverso gli errori che si impara.

Le esperienze emotive correttive

Per capire meglio il concetto che oggi voglio passarvi provo a fare un esempio. Immaginiamo di voler giocare a tennis per la prima volta; non avendo mai preso lezioni da un maestro iniziamo ad impugnare la racchetta in un modo tecnicamente sbagliato. Così continueremo ad usare quell’impugnatura per molte volte, magari mesi o anni, facendola diventare per noi naturale, automatica. Prima o poi potremmo accorgerci dell’errore, magari perché ci duole il polso o perché qualcuno ci fa notare che con quell’impugnatura non ottimizziamo i colpi. Quindi a questo punto dovremo prima osservare e riflettere su come modificare questa abitudine sbagliata e poi ripetere tante e tante volte i nuovi movimenti fino a farli diventare un’abitudine. Questo fatto richiede tempo ed energie anche perché il nostro cervello è “abitudinario”, non gli piace cambiare perché il cambiamento richiede sforzo e energie.

Questo principio vale per tutti gli aspetti della vita. Se ad esempio ho accumulato delusioni e fallimenti nella vita relazionale, mi aspetterò che anche il prossimo rapporto sarà una delusione! Anche in questo caso dovrò accorgermi di come io stesso contribuisca a questi fallimenti, mettendo in atto dei comportamenti di cui spesso non si è neanche coscienti. Potrei ad esempio accorgermi che scelgo sempre lo stesso tipo di partner, con gli stessi tipi di caratteristiche psicologiche e atteggiamenti! Avrò quindi tutta una serie di rapporti “fotocopia”, ripetendo sempre lo stesso copione; Sigmund Freud chiamava questo meccanismo inconscio “coazione a ripetere”.

Quindi per prima cosa dovrò diventare consapevole dei miei “meccanismi” e automatismi mentali riflettendo, poi dovrò provare a sperimentare nuovi tipi di partner e comportamenti. A questo punto se tutto funziona inizierò ad accumulare nuove esperienze emotive e affettive più soddisfacenti. Queste nuove esperienze è come se “correggessero” le esperienze precedenti e vengono definite esperienze emotive correttive ( F. Alexander, 1946).

Bassa autostima psicologo Torino: migliorarla richiede tempo.

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Ti apparirà ora chiaro perché crescere e cambiare è un processo lungo; bisogna infatti collezionare un numero significativo di nuove esperienze positive che rinforzino le nuove abitudini e si sostituiscano alle vecchie.

Ecco perché quando stiamo cercando di migliorarci in qualcosa, di crescere, di cambiare dobbiamo avere pazienza con noi stessi; non basta una sola volta per cambiare un atteggiamento o un comportamento, ma dobbiamo ripetere più volte la stessa esperienza perché diventi inconscia e automatica.

Concediamoci quindi la possibilità di sbagliare, perché sbagliare è normale ed è solo attraverso gli errori che possiamo imparare.

Conclusioni

Migliorare la stima comporta necessariamente cambiare qualcosa, nel modo in cui pensiamo a noi e nelle emozioni e sentimenti che proviamo prima di tutto verso noi stessi.

Per farlo dobbiamo metterci in gioco, provare, sperimentare, fare errori, valutare cosa funziona e cosa no, e poco alla volta collezionare nuove esperienze che si sostituiscano a quelle vecchie. Tutto ciò richiede tempo e impegno ma la soddisfazione finale è impagabile!

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Vuoi sapere in cosa consiste la psicoterapia?

Leggi l’articolo che trovi in questo link: https://www.musicaeterapia.it/psicoterapeuta-psicoterapia-torino/

Ansia come gestirla

Ansia… come gestirla? In questo video continuo a parlarvi di come fare a gestire l’ansia, in particolare l’ansia inappropriata, Molti si chiedono: ansia come combatterla? Ma è proprio vero che bisogna combattere l’ansia? Può infatti capitare a tutti di avvertire un’ ansia perenne che ci accompagna durante tutta la giornata o un’ansia senza motivo…

Ansia paura e panico

Nel primo video di questa serie che trovate sul mio canale youtube https://www.youtube.com/user/mikyjazz100 ho distinto tra ansia, paura e panico: spesso infatti vengono usati come sinonimi, ma non è in realtà così… son infatti tre stati della mente e del corpo differenti ma collegati. Per approfondire ecco il link di un mio precedente articolo: https://www.musicaeterapia.it/2018/12/22/psicologo-torino-ansia-rimedi-parte-1/

Abbiamo visto che la paura è una delle 6 emozioni di base e quindi come tale non è patologica, ma una risorsa fondamentale che ci ha donato la natura per proteggerci dai pericoli e sopravvivere. La paura “sana” nasce infatti da un pericolo reale esterno o interno a noi, tipo una macchina che ci sta venendo addosso mentre attraversiamo una strada oppure un forte mal di stomaco che avvertiamo dopo aver mangiato qualcosa di avariato.

L’ansia è invece una risposta psicofisica più vaga, complessa e aspecifica rispetto alla paura. Infatti l’ansia prevede la presenza di pensieri di pensieri anticipatori rispetto al futuro spesso negativi e catastrofici; se questi pensieri diventano preponderanti si parla di ansia anticipatoria.

Ansia e stress sono componenti presenti nella vita di ognuno di noi; non dobbiamo quindi pensare di eliminare l’ansia ma di gestirla poiché se impariamo a capire il significato e i sintomi può diventare un’ occasione di crescita e di cambiamento.

L’ansia infatti ci spinge ad agire: immaginiamo di avere appena saputo che a lavoro stanno per licenziare alcuni dipendenti per un taglio al personale; questa notizia ci farà provare un’ansia reattiva che ci metterà in moto per trovare delle soluzioni: potremo aggiornare il nostro curriculum o iniziare un corso di formazione o andare a parlare con il nostro capo etc…

Se però prendono il sopravvento i pensieri catastrofici ecco che potremmo trovarci nella situazione di un’ansia continua e forte che potrebbe trasformarsi in un’ansia cronica!

Vi spiego di seguito due tecniche che possiamo utilizzare in questi casi. Potrebbero sembrare degli esercizi contro l’ansia, ma in realtà sono solo delle strategie per imparare a gestirla meglio, proprio perché non è nostra nemica di per sé!

Ansia cosa fare: respiriamo correttamente

Quando siamo in ansia tendiamo a respirare con la parte apicale dei polmoni facendo respiri corti e aumentando il numero dei cicli respiratori; questa modalità però ci fa incanalare troppo ossigeno e in fretta e contribuisce ad aumentare l’ansia. Questo tipo di respirazione corta e intensa ci arriva dall’evoluzione: infatti gli animali respirano in questo modo quando si preparano a correre per scappare o attaccare.

Quindi quando ci accorgiamo di respirare in questo modo possiamo sederci comodamente su di una sedia con la schiena dritta; prendiamo l’aria dal naso e buttiamola fuori dalla bocca lentamente ( guarda il video) e senza forzare. E’ necessario inspirare per circa tre secondi e buttare fuori l’aria lentamente dalla bocca per circa 6 o 7 secondi. Facciamo almeno 8 respiri così da seduti.

Ansia cosa fare: mettiamo in discussione i pensieri catastrofici

Come ho spiegato all’inizio di questo articolo alla base dell’ansia cronica, generalizzata e “inappropriata” ci sono i pensieri automatici catastrofici. Un famoso psicologo americano Albert Ellis ci ha insegnato che per ridurre l’ansia è utile mettere in discussione tutti quei pensieri catastrofici e ipergeneralizzati che si creano in noi durante i momenti di ansia e stress e che contribuiscono sia a crearla che a mantenerla.

Nel primo video di questa serie ho spiegato come sia importante mettere per iscritto questi pensieri automatici, scrivendoli amano su di un foglio. Fatto questo è importante rileggerli e vedere come sono accumunati dal tentativo di rifiutare qualcosa o dal volere che qualcosa assolutamente accada.

Leggendo bene si vedrà che è possibile facilmente aggiungere il verbo “deve” sia nella forma affermativa che negativa; ecco alcuni esempi: “non devo assolutamente sbagliare”, “non devo assolutamente perdere il lavoro, sarebbe una catastrofe”, “non mi deve trattare male”, “tutti mi devono portare rispetto”, “devo terminare questo lavoro al più presto” etc…. tutti questi “devo”, “deve” o ” non devo”, “non deve” descrivono quindi un pensiero rigido, schematico, ipergeneralista. Ecco che allora dobbiamo provare a mettere in discussione questi pensieri e chiederci : “ma perché devo per forza….”, oppure ” perché lui o lei devono per forza…”, “per quale ragione logica e scientifica le cose devono andare come io vorrei?”..

Perché devo per forza no sbagliare mai? Sarà una catastrofe se succede? Perché devono trattarmi sempre tutti bene? E’ una catastrofe se qualche volta non succederà? Morirò per questo?…

Provate a mettere in discussione i vostri pensieri automatici in questo modo.

Conclusioni

Ansia come gestirla? L’ansia non è di per sé patologica, ma può essere utile per segnalarci che qualcosa della nostra realtà è cambiata o sta cambiando. Solo quando diventa eccessiva, inappropriata rischia di trasformarsi in ansia cronica e generalizzata. Riprendere una corretta respirazione e imparare a gestire e contestare i pensieri automatici catastrofici ci può aiutare.

Questi sono solo alcuni utili consigli che però non possono sostituire un percorso di psicoterapia.

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