Introduzione
Come psicologo mi è stato chieste diverse volte quali sono le cause della timidezza. Capita a tutti di sentirsi a volte in difficoltà in situazioni sociali nuove o stressanti, dove ci sentiamo messi sotto giudizio, osservati e abbiamo noi stessi il dubbio di essere “all’altezza” della situazione. Questa situazione emotiva di disagio, ansia, chiusura relazionale e “fisica” viene generalmente chiamata Timidezza.
La timidezza: definizioni e cause psicologiche.
Vediamo come la definisce il vocabolario Treccani:
” timidézza s. f. [der. di timido]. – L’esser timido, la qualità di chi è, o si mostra, timido, soprattutto come atteggiamento abituale di chi è poco sicuro di sé, indeciso ed esitante, incerto nell’agire per soggezione, per timore del giudizio altrui: un ragazzo d’una t. estrema; si trattenne dal chiederlo per t.; si farà strada difficilmente con la sua t.; è la t. che lo fa arrossire (o balbettare).”
Oltre il 50% degli italiani afferma di essere timido sia in modo occasionale che in forma patologica.
Da un punto di vista psicologico possiamo definire la timidezza come la sensazione di disagio di fronte a sconosciuti; alcuni comportamenti tipici che si osservano in queste situazioni sono l’esitazione, la ritrosia, il sentirsi inadeguati, impacciati, fuori luogo (Galimberti, 1999). Sul viso emerge spesso il rossore, le mani sudano, il corpo si irrigidisce. Può emergere anche una forte sensazione di ansia ( per approfondire leggi qui: https://musicaeterapia.it/2018/12/22/psicologo-torino-ansia-rimedi-parte-1/ )
Timidezza: cause, non bisogna sempre andare dallo psicologo!
La timidezza in se per se non è patologica, infatti a tratti può apparire se ci troviamo in situazioni nuove e abbiamo bisogno di riflette prima di rispondere o di comprendere meglio le richieste dell’ambiente circostante; in questo caso è quindi un atteggiamento molto utile, indispensabile poiché ci permette di riflettere e pesare le nostre risposte e le nostre azioni; solo quando avremo più esperienza in quel nuovo ambiente e acquisiremo più informazioni circa le persone che ci circondano allora la timidezza, la prudenza iniziale inizieranno ad andare sullo sfondo e ci sentiremo più sicuri e liberi.
Quando la timidezza diventa fobia sociale
Ad alcuni di noi capita però di non riuscire ad ottenere mai o solo parzialmente lo stato di rilassatezza necessario per poter affrontare le diverse situazioni sociali che giornalmente dobbiamo affrontare; è come se si sentissero sempre “al primo giorno”, sempre sotto esame, sempre impreparati o inadeguati; in questo caso si può parlare di una forma di timidezza patologica che prende il nome di Fobia Sociale.
Definizione di fobia sociale
Vediamo ora la definizione che ne dà il più famoso manuale di classificazione dei disturbi mentali al mondo, il DSM ( Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders): “Paura marcata e persistente di una o più situazioni sociali o prestazionali nelle quali la persona è esposta a persone non familiari o al possibile giudizio degli altri. L’individuo teme di agire (o di mostrare sintomi di ansia) in modo umiliante o imbarazzante.” (DSM-IV TR, 2007).
In questo caso può essere d’aiuto l’intervento di uno psicologo per capire le cause della timidezza patologica poiché diventa una vera e propria fobia. Per un elenco delle fobie esistenti clicca qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Categoria:Fobie
Cause della timidezza: punto di vista dello psicologo A. Adler
La versione “patologica” della timidezza fu studiata anche dai primi psicoanalisti agli inizi del ‘900. Secondo lo psicoanalista e psicologo Alfred Adler, allievo di Freud ed inventore della Psicologia Individuale, quando una persona si sente spesso inferiore agli altri, ed incapace di raggiungere un obbiettivo potrebbe soffrire di un “complesso di inferiorità” ; in questo stato gli altri vengono vissuti come più competenti, più capaci e meritevoli; si struttura quindi un continuo confronto con l’Altro dove viene attivato un filtro mentale inconscio che manipola forzatamente la realtà restituendo al soggetto un’immagine di sé parziale e inferiore.
Ma questo è appunto un filtro che si è interiorizzato (a seguito di un’educazione sbagliata, esperienze di vita vissuta, o perché si è nati con delle difficoltà fisiche) e come tale è una forzatura della nostra mente, un’illusione che non tiene conto della realtà ma la deforma sempre a nostro svantaggio.
La timidezza come tratto caratteriale
Ma la timidezza può anche essere un colore del nostro carattere, una nostra particolarità che ci caratterizza; lo psicoanalista C.G. Jung fu il primo a introdurre e studiare empiricamente i concetti di introversione-estroversione come due varianti caratteriali che toccano tutti noi; trattò questo argomento nella famosa opera “Tipi psicologici” pubblicata per la prima volta nel 1921.
Semplificando il pensiero di Jung possiamo dire che gli estroversi tendono ad essere più socievoli ed assertivi mentre gli introversi sono mediamente più riservati e riflessivi; questi ultimi di solito hanno un numero inferiore di amici e tendono di meno a cercare di costruire relazioni nuove, sono inoltre più propensi ad utilizzare la fantasia e la riflessione.
Queste distinzioni sono quindi semplicemente degli stili personali, nessuna di esse e sana o malata; sono sfumature che rendono vario e quindi interessante il mondo; ovviamente ciascuno di noi sarà più propenso all’introversione o all’estroversione ed ognuno di noi avrà dei vantaggi e degli svantaggi nel proprio modo di essere.
Cause della timidezza: aspettative sociali
Purtroppo la timidezza viene giudicata dalla nostra società come un “difetto”, qualcosa da correggere perché sbagliato. Ma siamo proprio sicuri che sia così?
Il giudizio negativo che viene dato alle persone timide è forse il risultato della cultura in cui viviamo? Dalla televisione, da internet e dai giornali arrivano continui messaggi dove l’arroganza , l’essere spacconi, l’essere a tutti i costi al centro dell’attenzione viene premiato! Ma fortunatamente non deve essere così per forza.
Conoscere il proprio stile
Dalla mia esperienza di psicologo valuto come veramente importante il grado di consapevolezza, accettazione e gestione del proprio stile di personalità; è questo il punto che fa la differenza! Infatti se io so chi sono, mi accetto e riesco a gestirmi riuscirò a prendere il meglio del mio stile di personalità e riuscirò a ridurre e limitare gli aspetti più disfunzionali. Dobbiamo sempre ricordarci di lottare contro l’omologazione che la società di oggi ci propone! Proprio perché è la diversità la nostra più grande ricchezza e quello che ha permesso alla nostra specie di sopravvivere nella storia.
Lo psicologo può quindi aiutare a distinguere quando la timidezza è una normale sfumatura della personalità o quando è una fobia di cui bisogna scoprire insieme l’origine e le cause.
Alcuni consigli pratici
Di seguito alcuni consigli che possono esserci d’aiuto per iniziare a sciogliere i “blocchi” emotivi e comportamentali derivati da un’eccesso di timidezza:
- Accettala: se ti rendi conto di essere spesso timido/a il primo passo è accettare che è così; per tutta una serie di ragioni (educazione familiare, esperienze personali, temperamento costituzionale ecc..) ora sei così, è inutile nasconderselo o cercare di negarlo. Il primo passo per imparare a gestire queste situazioni è accoglierle, accettarle.
- Confessalo: quando ti trovi in una situazione sociale dove sai che spesso emerge la tua timidezza prova a confessarlo; magari puoi partire a farlo dalle persone più vicine a te, quelle verso cui provi una maggiore fiducia e sai che ti ascolteranno senza giudicarti; infatti il sono verbalizzare questa difficoltà ti alleggerirà da un eccesso di ansia, poiché potrai così ridurre il bisogno di controllare e nascondere questo tuo comportamento.
- Esponiti: poco alla volta cerca di non evitare le situazioni che ti creano ansia e insicurezza ma cerca di affrontarle. Prova così: scrivi su di un foglio le situazioni in cui ti senti più timido/a e mettile in ordine da quella meno difficile a quella più difficile per te da gestire. Poi inizia ad affrontare quelle più semplici. E’ infatti provato scientificamente che esporsi gradualmente alle situazioni che ci spaventano provoca in media una riduzione delle reazioni fobiche.
Riflessioni finali
Naturalmente questi sono solo alcuni consigli; a volte, se la situazione dura da molto tempo, non bastano. Per qualcuno sembra molto difficile anche solo fare i primi passi; i
In questi casi è importante chiedere aiuto ad uno psicologo per capire le cause, l’ origine della timidezza quando ci sentiamo continuamente sottoposti al timore del giudizio nostro ed altrui; ci meritiamo di sentirci liberi!
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