Ansia quando tutto va bene: quando la felicità genera inquietudine.

Ansia quando tutto va bene

Introduzione

Hai mai provato ansia proprio nel momento in cui tutto sembrava andare per il meglio? Provare ansia quando tutto va bene è un fenomeno molto più comune di quanto si pensi. Un nuovo lavoro, una relazione appagante, una fase serena della tua vita… eppure, sotto la superficie, una voce interiore sussurra che qualcosa potrebbe andare storto. Se ti riconosci in questa sensazione, sappi che non sei solo.
In questo articolo esploreremo in profondità questo paradosso psicologico: perché l’ansia si presenta proprio nei momenti di calma e successo? Quali meccanismi mentali la alimentano? Come affrontarla in modo costruttivo? Scopriremo anche come questa forma di ansia può diventare un’occasione per comprendere meglio noi stessi.

Cos’è l’ansia “paradossale”?

L’ansia è una risposta naturale del corpo e della mente a una minaccia percepita. Ma cosa succede quando quella minaccia non esiste? Quando tutto sembra, razionalmente, andare bene? In questi casi parliamo di ansia anticipatoria o ansia paradossale: uno stato emotivo in cui l’individuo si sente in allerta o preoccupato nonostante non ci sia un pericolo reale.

I sintomi più comuni

Chi sperimenta ansia anche quando la vita è serena può manifestare:
• Pensieri catastrofici (“E se qualcosa andasse storto?”)
• Difficoltà a rilassarsi o godersi il momento presente
• Sensazione di colpa per sentirsi bene
• Paura che la felicità sia “troppo bella per durare”
• Tensione muscolare, affaticamento, insonnia
• Bisogno di ipercontrollo su ogni aspetto della vita.

Perché proviamo ansia quando tutto va bene?

Questa forma di ansia può avere molteplici radici psicologiche, spesso intrecciate tra loro. Ecco le più comuni:

1. Paura dell’imprevedibilità

Molte persone sviluppano un bisogno di controllo come risposta a traumi passati o esperienze destabilizzanti. Quando la vita va bene, l’assenza di problemi può far emergere una sensazione di incertezza: “Per quanto durerà questa pace?”. La felicità, non essendo completamente sotto controllo, può sembrare pericolosa.

2. Schemi mentali negativi interiorizzati

Se durante l’infanzia o l’adolescenza hai interiorizzato l’idea che “la felicità non dura” o che “non meriti il successo”, potresti inconsciamente sabotare il tuo benessere. Questi schemi cognitivi disfunzionali, spesso derivanti da modelli genitoriali o educativi, creano un conflitto tra ciò che vivi e ciò che credi di meritare.

3. Abitudine al disagio

Alcune persone crescono in ambienti emotivamente instabili o stressanti. In questi casi, il cervello si abitua a vivere in uno stato costante di allerta. Quando finalmente si raggiunge una fase di serenità, il sistema nervoso – ancora regolato sulla modalità “sopravvivenza” – può rispondere con ansia.

4. Fobia della felicità

Sì, esiste davvero. È chiamata cherofobia, ovvero la paura di essere felici. Chi ne soffre può temere che la felicità sia seguita inevitabilmente da qualcosa di brutto. Questo meccanismo può portare a evitare attivamente situazioni gratificanti o a provare ansia proprio nei momenti di gioia.

5. Conflitto tra desideri e paure

A volte il benessere raggiunto attiva desideri profondi, come investire in una relazione, cambiare lavoro o mettersi in gioco. Ma questi desideri possono anche generare paure inconsce: paura di fallire, di non essere all’altezza, di deludere gli altri. L’ansia emerge come sintomo di questo conflitto interno.

6. Senso di colpa del “sopravvissuto”

Alcune persone si sentono inconsciamente in colpa se la loro vita è migliore di quella dei loro cari e delle persone che stanno intorno a loro. Questo specifico senso di colpa è stato per la prima volta individuato nei sopravvissuti ai cambi di concentramento che si sentivano in difetto per essere sopravvissuti a differenza dei loro familiari e amici.

Il ruolo del cervello: un’ipotesi evolutiva

Dal punto di vista evolutivo, il cervello umano è progettato per prevedere e prevenire i pericoli. Nei momenti di tranquillità, può attivare una sorta di “scansione del pericolo” per individuare minacce potenziali, anche quando non ce ne sono. È un tentativo del nostro sistema nervoso di “prepararsi al peggio”, nel timore che la calma sia solo temporanea.

Come distinguere un’ansia fisiologica da un disturbo

Provare un po’ di preoccupazione o inquietudine, anche quando le cose vanno bene, può essere normale. Ma quando questa sensazione:
• è frequente o persistente
• compromette la tua capacità di goderti la vita
• ti porta a evitare situazioni positive
• si manifesta con sintomi fisici ricorrenti (tachicardia, insonnia, tensione)
…allora è il caso di approfondire. Potrebbe trattarsi di un disturbo d’ansia generalizzato (GAD) o di un disturbo d’ansia con caratteristiche atipiche.

Cosa fare se provi ansia anche quando tutto va bene

1. Riconosci e accetta l’ansia

Il primo passo per gestire l’ansia è accettarla senza giudicarti. Spesso, chi vive questo tipo di ansia si vergogna: “Come posso sentirmi così se la mia vita va bene?”. In realtà, l’ansia non segue la logica, ma emozioni profonde. Accogliere ciò che senti è già una forma di guarigione.

2. Metti in discussione i pensieri automatici

Impara a riconoscere i pensieri distorti o catastrofici. Alcuni esempi comuni:
• “Va tutto troppo bene, qualcosa andrà male”
• “Non mi merito questa felicità”
• “Meglio non affezionarsi troppo a questo momento”
La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) lavora proprio su questi pensieri, aiutandoti a sostituirli con interpretazioni più realistiche e rassicuranti.

3. Lavora sulle tue convinzioni profonde

L’ansia che emerge nei momenti positivi può rivelare convinzioni inconsce su te stesso e sul mondo. Chiediti:
• Cosa credo di meritare davvero?
• Che idea ho della felicità? La vedo come instabile, pericolosa, irraggiungibile?
• Quali esperienze passate influenzano il mio rapporto con il benessere?
Un percorso terapeutico può aiutarti a portare a galla queste credenze e trasformarle.

4. Allena la consapevolezza del momento presente

La mindfulness è una pratica efficace per uscire dal circuito dell’ansia anticipatoria. Riporta la tua attenzione al “qui e ora”, allenando la mente a godere del presente senza giudicarlo né temere il futuro. Anche solo 10 minuti al giorno di meditazione possono fare la differenza.

5. Normalizza la felicità

Sì, anche la felicità ha bisogno di essere normalizzata. Non è un lusso né un’illusione passeggera: è una parte legittima della vita. Più ti abitui a vivere momenti positivi senza sospetto, più il cervello imparerà che può sentirsi al sicuro anche nella gioia.

Quando rivolgersi a un professionista

Se l’ansia diventa pervasiva o ti impedisce di vivere serenamente, non esitare a chiedere aiuto. Uno psicologo o psicoterapeuta può offrirti gli strumenti per:
• comprendere le radici della tua ansia
• sviluppare nuove modalità di pensiero
• regolare meglio le tue emozioni
• costruire un rapporto più sano con la felicità
Ricorda: non c’è nulla di sbagliato in te. Provare ansia nei momenti felici è una richiesta di ascolto, non un difetto da correggere.

Conclusione

L’ansia quando tutto va bene può sembrare paradossale, ma è un segnale importante. Racconta di ferite, paure e credenze che meritano di essere viste e accolte. Non combatterla, ma ascoltala. Dietro quel disagio potrebbe esserci il tuo desiderio più autentico: imparare a fidarti della serenità, godere senza paura, e accogliere la felicità come un diritto, non come un rischio.

Domande frequenti (FAQ)

1. È normale provare ansia anche quando va tutto bene?

Sì, è più comune di quanto si pensi. Molte persone sperimentano ansia in momenti di felicità per timore che qualcosa possa rovinarla.

2. L’ansia quando tutto va bene può diventare un disturbo?

Sì, se è persistente e compromette il benessere quotidiano può rientrare nei disturbi d’ansia e va trattata con l’aiuto di un professionista.

3. Qual è la terapia più indicata per questo tipo di ansia?

La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) è particolarmente efficace, ma anche approcci basati sulla consapevolezza (mindfulness) o la psicoterapia psicodinamica possono essere utili.

4. Devo sentirmi in colpa se non riesco a godermi la felicità?

Assolutamente no. L’ansia non è una colpa ma una richiesta di ascolto. Può indicare una difficoltà profonda che merita attenzione, non giudizio.
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Senso di colpa: come gestirlo (Video n.1)

Ciao a tutti! In questo video articolo torno a parlare di senso di colpa, vi spiegherò in cosa consiste, come distinguerlo dalla vergogna, quando è sano sentirsi in colpa e quando diventa malsano e dannoso per la nostra salute mentale e fisica.

Differenza tra senso di colpa e vergona

Voglio iniziare cercando di distinguere tra senso di colpa e vergogna; infatti a volte vengono confusi ma sono due cose ben diverse.  

Senso di colpa

Vergogna: che cos’ è?

La vergogna è una sensazione spiacevole, un turbamento interiore accompagnato da emozioni come tristezza e paura, che sperimentiamo quando abbiamo infranto una regola morale o sociale e siamo stati scoperti; ad esempio potrei provare vergogna nel dire al mio vicino di casa che ho perso il lavoro. Infatti si può dire che la vergogna ha una natura più narcisistica perché ha a che fare con lo sguardo degli altri.

Senso di colpa: sintomi

Il senso di colpa mi manifesta sempre con un turbamento interiore più o meno profondo, con sensazioni spiacevoli ed emozioni come paura, rabbia, tristezza derivate da un atto mancato o compiuto che ci fa sentire di aver violato una nostra regola etica o morale e si manifesta anche se nessuno ci vede o sa di questa violazione (ad esempio se vado molto veloce in macchina e provoco un incidente attraversando un incrocio con il semaforo rosso, mi sentirò in colpa). Il senso di colpa genera sensazioni e pensieri di rimorso, rimpianto che creano una tensione interna. Si possono associare sintomi come mal di testa, dolori allo stomaco, ansia, insonnia. In casi più estremi può portare a forme di autopunizione.

Ci sentiamo invasi da una sensazione spiacevole e rivolgiamo verso di noi accuse e giudizi severi che ci fanno stare male; Se il senso di colpa è molto intenso ci sentiamo totalmente invasi da quelle sensazioni, immersi, sovrastati, schiacciati, il pensiero torna sempre su quell’evento o situazione che ci tortura.

Senso di colpa sano

Ma il senso di colpa è sempre inutile o patologico? No, infatti per poter vivere in società abbiamo bisogno di condividere delle regole morali, che ci permettono di mantenere un certo ordine e evitare quindi il caos.

Il fatto di possedere dentro di noi delle regole che ci sono state insegnate dalla nostra famiglia e dalla società in cui viviamo ci permette di regolare il nostro comportamento e le relazioni. Se ad esempio, nell’esempio che ho fatto prima, ho causato un incidente con la mia macchina infrangendo delle regole del codice stradale è giusto che io provi un senso di colpa e che quindi intervenga per aiutare o rimediare quando è possibile.

Esiste quindi un senso di colpa sano che funziona come un autoregolatore interno; in questo caso sarebbe più giusto parlare di senso di responsabilità. Infatti nella nostra cultura il termine colpa si è intriso di un significato più generale e spirituale che deriva anche dai valori religiosi soprattutto di origine cattolica. In alcune persone infrangere una regola morale viene spesso associata alla punizione divina o comunque ad una profonda sensazione di essere sbagliati come persone, quindi di un giudizio negativo verso noi stessi che diventa globale.

Dall’altra parte anche l’assenza totale di senso di colpa diventa quindi un indicatore di malessere psicologico.

Senso di colpa patologico

Ma invece quando il senso di colpa può diventare eccessivo e patologico? Se nel soggetto c’è una eccessiva tendenza a responsabilizzarsi per ciò che accade fuori di lui o per le emozioni che prova o i pensieri che pensa  si può parlare di senso di colpa patologico.

La persona in questione sarà continuamente tormentata da rimorsi, ansia, pensieri ossessivi e intrusivi perché tenderà ad esagerare il proprio ruolo e responsabilità in quello che gli accade, fuori e dentro di lui o lei. Non riuscirà quindi più a distinguere il sano egoismo dal comportamento etico e morale sbagliato. Inoltre questo meccanismo di colpevolizzazione avverrà in modo automatico, inconscio, cioè al di la della volontà del soggetto.

Alcune persone si sentono in colpa in modo intenso e duraturo anche solo per aver pensato o desiderato qualcosa che ritengono moralmente sbagliato; questo è indice di una rigidità nella parte inconscia della nostra mente dove sono contenute le varie regole morali e insegnamenti ricevuti nell’infanzia e da ognuno di noi poi interiorizzati; Freud ha definito questa struttura il super io; ecco quando il super io è troppo rigido  è come se dentro di noi ci fosse un giudice molto severo e pronto a puntarci il dito e punirci.

Come nascono i sensi di colpa?

Ma da dove arriva questa tendenza a sentirsi eccessivamente responsabili? L’origine è sempre da ricercarsi nell’infanzia e nelle relazioni con i genitori o le principali figure di accudimento.

Provo a fare un esempio: se  da bambino sono stato giudicato, colpevolizzato ogni volta che mi allontanavo da mia madre per esplorare in modo sano e legittimo l’ambiente ecco che da adulto potrei sentirmi in colpa quando cerco la mia autonomia.

Oppure se da piccolo mi sono convinto che dovevo essere io con i miei comportamenti a rendere felici mamma e papà ecco che da adulto potrei  avere difficoltà a dire di no in modo sano alle richieste eccessive di aiuto che mi potranno arrivare, tendendo sempre a sacrificare i miei bisogni per quelli degli altri.

In psicoterapia si ripercorrono le relazioni familiari, le dinamiche, cioè il modo in cui si comunicava e le aspettative che abbiamo avvertito su di noi fin da bambini per capire da dove nascono i sensi di colpa patologici.

Come dicevo prima, fino ad un certo livello è sano e giusto che proviamo sensi di colpa. I

l problema è quando questa sensazione diventa pervasiva e ci condiziona eccessivamente la vita fino a auto-sabotarci e a privarci di esperienze positive perché non riusciamo a sviluppare il sano egoismo che è essenziale per essere felici.  

Solo quindi ripercorrendo in psicoterapia le varie epoche della nostra vita potremo diventare coscienti di come ci siamo formati delle credenze su noi stessi e sul mondo che diventano patogene, e di come in modo inconscio hanno spesso governato la nostra vita. Impareremo inoltre ad accettarci pienamente per quello che siamo e per i nostri bisogni imparando a distinguerli da quelli che ci sono stati imposti dalla famiglia o dalla società, diventando quindi più liberi.

Primo esercizio: come ridurre il senso di colpa “nevrotico”

Un primo esercizio che tutti possiamo fare e quello di prendere per un attimo distanza dai nostri sensi di colpa per capire se sono ragionevoli o meno; proviamo a scrivere ciò che ci tormenta e proviamo poi a rileggerlo come se a raccontarlo fosse un nostro amico, quindi cercando di operare un distacco emotivo. Ora chiediamoci se quelle parole scritte ci fanno lo stesso effetto. Se ce le raccontasse un nostro amico ci sentiremmo di condannare totalmente quella persona? Qual è il reale ruolo che il nostro amico ha in quello che ci racconta? E’ veramente e unicamente sua responsabilità ciò che è successo?

Conclusioni

Senso di colpa e vergogna sono due sensazioni differenti. Esiste un senso di colpa sano e uno patologico. In psicoterapia si comprende l’origine del senso di colpa e come ci condiziona nella vita di tutti i giorni; questo ci permette di sentirci finalmente più liberi e felici.

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Narcisista covert: come affrontarlo con assertività. Consigli pratici.

Introduzione

Narcisista covert : come affrontarlo con assertività. Consigli pratici. Ciao! Nel video – articolo di oggi ti parlerò di una tipologia specifica di Narcisismo, il narcisismo covert. Ti spiegherò quali sono le principali caratteristiche di questo tipo di narcisismo e come affrontarlo.

Narcisista covert

Siamo abituati a pensare al narcisista, uomo o donna che sia, come ad una persona piena di sé, arrogante, grandiosa nei modi e nelle espressioni, sempre pronta a glorificare se stesso e le proprie imprese. E’ estroverso e ama stare al centro della scena. Vuole essere ammirato, adorato, ha un eccessivo bisogno di ammirazione e mancanza di empatia. Questa tipologia più classica, viene definita narcisismo “overt”.

Ma esiste anche una tipologia di narcisismo viene definita “covert”, (termine inglese che significa nascosto), che si comporta in maniera opposta, cioè appare timido, riservato, introverso. Ha molta paura del giudizio e del rifiuto  per questo spesso evita le relazioni sociali. Come ho spiegato in un video precedente in entrambe le tipologie di narcisismo c’è sempre un’ autostima fragile, solo che nel modello più classico viene coperta con questo atteggiamento grandioso, mentre nel covert il soggetto cerca di evitare tutte quelle situazioni dove la sua autostima potrebbe essere in pericolo.

Patisce molto la critica e cerca di evitare ogni tipo di confronto con l’altro, è alla ricerca costante di approvazione e di sentirsi unico e speciale. Se non riceve l’attenzione che pretende può diventare anche molto aggressivo, anche se a volte lo fa in modo passivo, attraverso il silenzio e il broncio. Anche qui sono presenti fantasie di grandiosità, solo che sono nascoste da un atteggiamento apparentemente umile timido, modesto. Riferisce di provare molta ansia e a volte sono presenti episodi di attacchi di panico.

Narcisista covert nelle relazioni

Spesso si presentano come artisti sensibili o intellettuali. Se si osservano bene nei rapporti in realtà spesso sfruttano gli altri, con un atteggiamento passivo, bisognoso dove in realtà l’altro viene manipolato attraverso il senso di colpa.

Nella relazioni poco alla volta si apre all’altro, ma si presenta come sfortunata, sofferente, per spingere e manipolare l’altro. Utilizza molto il vittimismo per spingere gli altri a fare quello che vuole lui o lei. E’ molto cetrato in realtà su di sé e suoi suoi bisogni e dimostra scarsa empatia. Infatti se l’altro fa delle richieste il narcisista covert in realtà si rifiuta colpevolizzandolo ulteriormente poiché è lui quello bisognoso.

Narcisista covert: come affrontarlo?

Come affrontare il narcisista covert? Anche in questo caso l’assertività ci viene in aiuto! Ecco alcuni consigli pratici:

  1. Come ho spiegato nei diversi video che troverete nella playlist dedicata all’assertività, dobbiamo sempre stare molto attenti a non farci manipolare dai sensi di colpa. Questi individui spesso utilizzano il senso di colpa per poterci controllare e mantenere legati al loro; ricordiamoci che la colpevolizzazzione può essere utilizzata sia in modo diretto facendoci delle accuse oppure indiretto facendoci sentirci in colpa attraverso il vittimismo.
  2. Diffidiamo di chi non è capace di riconoscere anche il proprio ruolo e le proprie responsabilità nelle cose che gli capitano nella vita. Infatti può capitare che all’inizio di un rapporto qualcuno ci faccia tenerezza quando ci racconta delle proprie sventure e ci può venire voglia di aiutarla. Ma ci dobbiamo sempre chiedere: questa persona cerca attivamente di portare dei cambiamenti nella propria vita? Questa persona cerca di chiedersi in che modo ha contribuito a trovarsi nelle situazioni di difficoltà che ci racconta?
  3. Ricordiamoci che nei rapporti è fondamentale la reciprocità: dobbiamo dare quanto riceviamo e ricevere almeno quanto diamo.

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Ansia sociale: cause e rimedi. Consigli pratici.

Che cos’è l’ansia sociale? Con questo articolo affronto un tema importante collegato all’autostima e cioè la paura del giudizio che si concretizza nella forma più semplice e comune nella timidezza e nella sua forma patologica nell’ansia sociale o fobia sociale.

In questo articolo cercherò di distinguere tra timidezza e disturbo d’ansia sociale. Cercherò di spiegare quando si può parlare di una vera e propria patologia su cui è possibile intervenire con la psicoterapia.

Introduzione

Voglio infatti subito chiarire che tutti noi, prima o poi, sperimentiamo episodi di ansia sociale o timidezza. Infatti ogni volta che dobbiamo affrontare un evento sociale dove verremo esposti all’osservazione di altre persone e quindi ad un possibile giudizio, avvertiamo un disagio che è normale se rimane ad un livello tale da non bloccarci o portandoci a rinunciare.

Ci sono anche delle sfumature individuali; alcune persone sono caratterialmente più timide, ma non per questo vivono grosse limitazioni nella vita. Pensiamo ad un grandissimo attore e regista italiano come Massimo Troisi che ha trasformato la sua timidezza in un valore aggiunto nei sui film.  

In questo articolo vedremo come questo tipo di ansia sociale può diventare realmente un problema che ci blocca e peggiora la qualità della vita fino a diventare una vera e propria fobia. Vi spiegherò anche quali sono gli interventi terapeutici più efficaci e vi suggerirò quattro semplici tecniche che potrete subito utilizzare.  Vorrei però chiarire da subito che ciò non può sostituirsi ad una psicoterapia quando il problema diventa troppo invasivo.

Disturbo d’ansia sociale

Partiamo allora cercando di dare una definizione di disturbo d’ansia sociale.  E’ un disturbo molto diffuso nella popolazione (dal 5 al 7 %), la sua caratteristica di base è la paura del giudizio degli altri. Vediamo la definizione che ne dà il DSM: il manuale di riferimento per quanto riguarda la diagnosi dei disturbi mentali: “Paura marcata e persistente di una o più situazioni sociali o prestazionali nelle quali la persona è esposta a persone non familiari o al possibile giudizio degli altri. L’individuo teme di agire (o di mostrare sintomi di ansia) in modo umiliante o imbarazzante.”

Da questa definizione emerge quindi chiaramente come il fattore principale sia la paura del giudizio. Chi ne soffre ha paura di mostrare i sintomi della propria ansia, come tremore, rossore, sudorazione intensa, sensazione di blocco mentale, amnesia, abbassamento o tremore nel tono della voce, tachicardia e inoltre teme di comportarsi in modo goffo e inadeguato. Chi ne soffre sperimenta inoltre una intensa aspettativa del fallimento e della critica da parte degli altri. L’insieme di queste sintomatologie si evidenziano spesso drammaticamente nelle occasioni in cui occorre parlare in pubblico.

Il manuale specifica inoltre che se questi sintomi durano per più di 6 mesi e compromettono la vita sociale e lavorativa allora, molto probabilmente, siamo di fronte ad un vero e proprio disturbo (quindi non si può parlare più di sola timidezza) che sarà bene affrontare in una psicoterapia.

Ansia sociale: comportamenti che peggiorano e mantengono il disturbo

Esistono una serie di comportamenti che, oltre a mantenere il disturbo, poi contribuiscono a  peggiorare la situazione.  A) Evitamento:  di fronte a situazioni ansiogene tendiamo tutti  ad evitare il disagio che ci provocano; questa strategia però ci crea limitazioni nella vita sociale peggiorando il disturbo e la conseguente idea di non essere in grado di affrontare quelle situazioni. Il risultato non può che essere una riduzione dell’autostima.

B) Anticipazione negativa: consiste nell’immaginare situazioni di forte ansia e disagio prima ancora di sperimentarle; ad esempio se in una riunione devo parlare difronte ad alcuni colleghi immagino già di avere la bocca secca, di sbagliare le parole, di bloccarmi nel discorso e di essere deriso o criticato. Queste aspettative negative oltre a creare sofferenza contribuiscono a mantenere in piedi il disturbo. Si prefigurano così immagini catastrofiche che drammatizzeranno la situazione, con un effetto di profezia autorealizzante. Vi faccio notare come questo meccanismo non fa altro che andare a rinforzare le credenze patologiche su di se che ognuno di noi ha.

Rimedi

Come uscire da tutto  questo? Molte ricerche scientifiche hanno dimostrato che la strada più efficace è la psicoterapia. L’approccio migliore prevede 3 tappe fondamentali:

a) storia di vita del soggetto:  si ricostruisce con il soggetto la sua storia familiare e evolutiva andando alla ricerca di quelle situazioni familiari o sociali alla base di quelle credenze patogene e inconsce all’origine della fobia sociale.

Infatti le persone spesso non capiscono l’origine delle loro paure ma attraverso questo tipo di ricerca non è raro che scoprano che esse sono strettamente legate a dinamiche e modalità relazionali vissute in famiglia. Ad esempio può capitare di nascere in una famiglia dove è già presente una forte ansia per il giudizio, la tendenza al perfezionismo, la paura ad esprimersi; queste modalità vengono facilmente assimilate dal soggetto  senza che egli ne abbia consapevolezza e non è raro che giunga ad identificarsi con esse. La stessa cosa avviene quando i nostri errori vengono corretti con eccessiva severità creando così non solo sensi di colpa e vergogna ma impattando negativamente sulla nostra autostima.

b) mettere in discussione i pensieri automatici:  si aiuta la persona a prendere consapevolezza delle proprie credenze automatiche al fine di distanziarsene.  Si riduce in questo modo la tendenza alla drammatizzazione  dei propri vissuti.

c) l’esposizione in vivo: si costruisce in terapia una scala  delle 10 situazioni dove si sperimenta più ansia sociale, mettendo al primo posto quella che crea più ansia e al decimo quella che crea meno ansia. Si aiuta poi la persona ad affrontarle una alla volta in modo che possa scoprire di essere in grado di gestirle. Ciò non potrà che aumentare la fiducia in se stesso e l’autostima.

Tre consigli pratici

se la vostra è una leggera ansia sociale vi basterà seguire alcuni semplici consigli per ridurre la sensazione di disagio.

 A) Un primo consiglio è razionalizzare la paura prima di parlare in pubblico o in una qualsiasi situazione sociale provando a chiedersi: ma l’ansia che sto provando è davvero proporzionata alla situazione? Per contrastare la tendenza all’evitamento posso invece domandarmi: mi conviene lasciar scappare questa occasione sociale o lavorativa?

B) Poi è importante esporsi gradualmente alle situazioni che più ci fanno paura creando, come ho spiegato prima, una lista delle 10 situazioni che ci trasmettono più ansia e provando pian paino ad affrontarle; si parte dalla situazione che provoca meno ansia e si passa alla successiva solo dopo che avvertiamo una sostanziale riduzione dell’ansia.

C)Inoltre può essere utile abbinare semplici tecniche di respirazione come la respirazione diaframmatica per una riduzione immediata dell’ansia o tecniche più complesse come il training autogeno che nel lungo periodo possono essere di aiuto.  

D) Se dovete parlare in pubblico provate ad osservarlo un po’ prima di salire sul palco in modo da renderlo più familiare. Potete anche  immaginate le persone in una situazione quotidiana. Questo vi aiuterà a familiarizzare con il pubblico e ad avvertire meno paura del loro giudizio nei vostri confronti. Se questi 4 consigli non dovessero bastarvi  allora vi consiglio di rivolgervi ad uno psicologo psicoterapeuta per aiutarvi a superare il problema.

Perché è in aumento?

Ma perché questo tipo di ansia è in aumento? Uno dei più importanti fattori è a mio parere legato al tipo di società in cui viviamo con ritmi sempre più frenetici e dalle esigenze che essa ha nei nostri confronti rispetto al passato: sempre più spesso ci viene richiesto di rendere al massimo delle nostre possibilità, di mostrarci prestanti ed efficienti in ogni occasione.

Insomma in questo mondo, dove tutto corre sempre più veloce, la tua autostima è sempre più determinata dal valore che gli altri ti attribuiscono piuttosto che dalle risorse che possiedi e che vorresti esprimere. L’invito è quindi quello di puntare a sviluppare se stessi dando meno peso alle aspettative degli altri riscoprendo così la nostra unicità.

Conclusioni

Tutti prima o pio sperimentiamo un po’ d’ansia sociale. Diventa un problema se ci blocca eccessivamente e ci fa rinunciare a occasioni importanti che la vita ci offre. In questo caso è importante farsi aiutare da uno psicologo psicoterapeuta e iniziare una psicoterapia.

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Ansia: Cos’è, Perché Nasce e Come Gestirla Davvero (Guida Completa con Consigli Pratici)

L’ansia è una delle condizioni psicologiche più comuni del nostro tempo. Non riguarda solo chi soffre di attacchi di panico o crisi acute: molte persone vivono forme di ansia costanti, sottili, ma altamente invalidanti nella vita quotidiana. In questo articolo desidero offrirti una guida completa, chiara e pratica basata sulla mia esperienza ventennale come psicoterapeuta.

Ti accompagnerò a comprendere cos’è l’ansia, perché si sviluppa, come si manifesta, e soprattutto quali strategie concrete puoi usare oggi stesso per iniziare a ridurla in modo efficace.

1) Cos’è l’Ansia? Una definizione semplice e utile

L’ansia è una risposta naturale del corpo quando percepisce un potenziale pericolo, reale o immaginato. È una reazione progettata per proteggerci, non per danneggiarci.

In altre parole:
l’ansia è un segnale, non un nemico.

Ci avvisa che serve attenzione, che qualcosa va affrontato o preparato. Il problema nasce quando questo sistema, utile in situazioni specifiche, rimane attivo troppo a lungo o si attiva senza una reale minaccia, generando:

  • tensione fisica costante
  • pensieri catastrofici
  • preoccupazioni ripetitive
  • sensazioni di allerta continua

L’ansia diventa allora un freno, non più un aiuto.

2) Perché l’Ansia si sviluppa? Le cause più comuni

L’ansia non nasce mai per caso. È il risultato di un insieme di fattori che interagiscono tra loro.

2.1. Fattori biologici

Il nostro sistema nervoso può essere più sensibile allo stress. Alcune persone nascono con un “volume interno” dell’allerta leggermente più alto.

2.2. Fattori psicologici

Tra i più frequenti troviamo:

  • pensiero catastrofico
  • bassa autostima
  • bisogno di controllo
  • perfezionismo
  • paura del giudizio

Questi elementi alimentano l’ansia quotidiana.

2.3. Fattori ambientali

Eventi stressanti e situazioni prolungate nel tempo aumentano l’attivazione ansiosa:

  • lavoro pressante
  • relazioni disfunzionali
  • carichi familiari
  • solitudine
  • cambiamenti importanti

2.4. Stile di vita

Alcune abitudini comuni peggiorano l’ansia:

  • dormire poco
  • abuso di caffeina
  • alimentazione irregolare
  • mancanza di movimento
  • iperconnessione digitale

2.5. Traumi e esperienze irrisolte

Ferite emotive non elaborate, anche molto lontane nel tempo, mantengono il corpo in uno stato di allerta.

3) I sintomi dell’Ansia: riconoscerli per intervenire

L’ansia non si manifesta allo stesso modo in tutte le persone. Tuttavia, esistono segnali chiari che indicano che il sistema nervoso è sovraccarico.

3.1. Sintomi fisici

  • tachicardia
  • respirazione affannosa
  • tensione muscolare cervicale
  • mal di testa
  • capogiri
  • nodo alla gola
  • difficoltà digestive
  • sudorazione

3.2. Sintomi emotivi

  • nervosismo
  • irritabilità
  • senso di minaccia
  • paura senza motivo
  • sensazione di perdere il controllo

3.3. Sintomi cognitivi

  • pensieri ricorrenti
  • anticipazione negativa
  • difficoltà di concentrazione
  • rimuginio costante

3.4. Sintomi comportamentali

  • evitamento delle situazioni temute
  • dipendenza da rassicurazioni
  • ipercontrollo procrastinazione

Riconoscere questi segnali è il primo passo verso la gestione dell’ansia.

4) Le forme più comuni di ansia

Non tutta l’ansia è uguale:

4.1. Ansia generalizzata

Preoccupazioni costanti su più ambiti della vita.

4.2. Attacchi di panico

Episodi improvvisi di intensa paura accompagnati da sintomi fisici.

4.3. Ansia sociale

Paura del giudizio o delle situazioni relazionali.

4.4. Fobie specifiche

Paure intense verso un oggetto o una situazione (volare, insetti, sangue…).

4.5. Ansia da prestazione

Nello studio, nel lavoro, nello sport o nella vita intima.

5) Il circolo dell’ansia: come si mantiene attiva

L’ansia segue spesso un circuito ricorrente:

  1. c’è una sensazione o un pensiero
  2. la mente lo interpreta come pericoloso
  3. il corpo reagisce con sintomi
  4. i sintomi generano nuovi pensieri catastrofici
  5. la paura aumenta
  6. si evitano le situazioni che spaventano
  7. l’evitamento conferma la presenza del pericolo

Questo ciclo si rafforza ogni volta che l’ansia non viene affrontata.

6) Come gestire l’Ansia nella vita quotidiana: consigli pratici ed efficaci

Questa è la parte più importante: cosa puoi fare concretamente per ridurre l’ansia?
Ecco strategie che utilizzo da anni in terapia, semplici ma estremamente efficaci.

6.1. Tecniche di respirazione per ridurre l’ansia immediata

Quando sei in ansia, il tuo respiro diventa corto e veloce.
Questo invia al cervello un messaggio di pericolo.

La respirazione lenta e profonda, invece, comunica sicurezza.

Esercizio efficace: Respirazione 4-6

  • inspira lentamente per 4 secondi
  • espira per 6 secondi
  • ripeti per 2–3 minuti

L’espirazione più lunga attiva il sistema calmante (parasimpatico).

6.2. Il grounding: tornare nel presente per interrompere il panico

Quando l’ansia aumenta, la mente corre nel futuro. Il grounding ti riporta nel qui e ora.

Metodo 5-4-3-2-1

  • nota 5 cose che vedi
  • 4 cose che puoi toccare
  • 3 suoni che senti
  • 2 profumi
  • 1 sensazione fisica

In pochi secondi il cervello riduce l’allerta.

6.3. Gestire i pensieri ansiosi con la tecnica del “dialogo interno corretto”

Molti pensieri ansiosi non sono fatti, ma interpretazioni.
Ecco come correggerli.

Domande utili

  • “Questa paura si basa su un fatto o su un’ipotesi?”
  • “Se la stessa cosa accadesse a un amico, cosa gli direi?”
  • “Quante volte ciò che temo è realmente successo?”

Questo riduce la credibilità dei pensieri catastrofici.

6.4. Ridurre il rimuginio con la “regola dei 10 minuti”

Se la mente insiste su un pensiero:

  1. Concediti 10 minuti per pensarci.
  2. Metti un timer.
  3. Al termine, cambia attività.

La mente capirà che non può trascinarti all’infinito.

6.5. Movimento: il miglior ansiolitico naturale

L’attività fisica regolare:

  • abbassa il cortisolo
  • aumenta la serotonina
  • regola il sistema nervoso
  • riduce la tensione muscolare

Non servono allenamenti estenuanti:
20–30 minuti di camminata veloce al giorno sono già molto efficaci.

6.6. Gestione della caffeina e alimentazione

Troppa caffeina amplifica l’ansia imitando i suoi sintomi.
Ridurre del 30–50% il consumo fa una grande differenza.

In più:

  • fare pasti regolari
  • evitare lunghi digiuni
  • aumentare idratazione

aiuta il corpo a stabilizzarsi.

6.7. Tecniche di rilassamento muscolare

Spalla e collo sono i primi a irrigidirsi.
Un esercizio utile è il rilassamento progressivo:

  1. Tendi un gruppo muscolare per 5 secondi
  2. Rilascia e nota la differenza

Ripeti per 8–10 gruppi muscolari.

6.8. Limitare l’iperconnessione

Notifiche, chat e social mantengono il cervello in uno stato di allerta continua.
Impostare 2–3 momenti al giorno per controllare i messaggi abbassa drasticamente l’ansia.

7) Quando l’ansia parla del nostro passato: comprenderla per liberarsene

A volte l’ansia non nasce da ciò che viviamo oggi, ma da vecchi copioni emotivi.

Se nell’infanzia:

  • eri criticato
  • dovevi essere “perfetto”
  • dovevi farti carico degli altri
  • sentivi un clima di imprevedibilità

oggi potresti vivere l’ansia come un vecchio schema che si riattiva.

Comprendere la propria storia permette di smettere di lottare contro l’ansia e iniziare a leggerla.

8) L’importanza di chiedere aiuto professionale

Se l’ansia limita la tua vita, ti impedisce di dormire, lavorare o vivere relazioni serene, non è un fallimento chiedere aiuto: è un atto di forza.

Una psicoterapia può aiutarti a:

  • comprendere l’origine dell’ansia
  • interrompere i cicli di pensiero
  • sciogliere i traumi passati
  • costruire un nuovo equilibrio

L’obiettivo non è “eliminare” l’ansia, ma renderla gestibile, finché non diventa solo un segnale tra tanti, non più il protagonista.

9) Conclusione: l’ansia può essere gestita, passo dopo passo

L’ansia non è un difetto, né una condanna. È un linguaggio.
Più lo ascolti e più impari a rispondere in modo adeguato.

Ricorda:

  • puoi ridurre l’ansia con tecniche semplici
  • puoi cambiare i tuoi schemi di pensiero
  • puoi imparare a calmare il corpo
  • puoi affrontare le radici profonde se ti fai accompagnare

Il cambiamento è possibile, ed è più vicino di quanto pensi.

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Musicoterapia Mindfulness Intelligenza Emotiva: seminario gratuito 7 maggio

Come psicologo sono sempre interessato a scoprire e sperimentare metodi e tecniche che possano favorore il benessere dei miei pazienti, soprattutto per ridurre lo stress e diffondere un modo di pensare e vivere sempre più orientato nel presente. Sono infatti sempre più convinto che se esiste un modo per sentirsi felici nella vita è quello di essere consapevoli delle proprie emozioni, saperle gestire e non fissarsi su di esse: insomma essere “nel flusso”, imparare a lasciar andare. Ma ciò é realmente possibile solo dopo aver sviluppato un adeguato livello di consapevolezza su di sé sulle proprie resistenze e dinamiche psicologiche che a volte inconsapevolmente mettiamo in atto auto-boicottandoci.

Seminario GRATUITO sul metodo M.M.I.E. (Mindfulness Musicoterapia Intelligenza Emotiva), 7 maggio dalle ore 21 alle 23.

Durante il seminario io e la dott.ssa Marina Annunziata (Psicologa esperta in Mindfulness e Intelligenza Emotiva) spiegheremo come l’integrazione tra le tre tecniche di Intelligenza emotiva, Musicoterapia e Mindfulness possa portare a concreti benefici nella riduzione dello stress, nel riconoscimento delle proprie e altrui emozioni, nella capacità di portare attenzione i n modo intenzionale, aperto e non giudicante al momento presente, sviluppando così una forma di intelligenza pratica che permette di prendere maggior consapevolezza delle proprie forze e risorse interne.

Sarà un seminario interattivo con un massimo di 12 iscritti, é necessario prenotare il proprio posto.

Dove: Studio Psicologico di Via Sostegno 4 Torino.

Quando: martedì 7 maggio dalle ore 21 alle 23.

Per iscriversi:
Dott. Michele Verrastro
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Dott.ssa Marina Annunziata
tel: 3347759253
email: mary.nereide@gmail.com

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Workshop esperienziale del 26 maggio: “Ritrova il benessere”

Workshop esperienziale del 26 Maggio: 🎯 RITROVA IL BENESSERE!😊Con il metodo m.m.i.e. (Mindfulness-Musicoterapia-Intelligenza Emotiva)

Workshop esperienziale rivolto a tutti!..

Il 26 maggio 2019 io e la dott. ssa Marina Annunziata ( esperta in Mindufulness Based Therapy e Tecniche di Intelligenza Emotiva) condurremo un workshop esperienziale (8 ore) per chiunque voglia ritrovare un maggior benessere psicofisico.

Sarà rivolto ad un piccolo gruppo di max 16 persone proprio per assicurare attenzione e ascolto di qualità per tutti.Quindi se siete interessati affrettatevi a prenotare il vostro posto!!

COSTO: 70 € per soci AIRONE BIO APS – 80€ esterni.DOVE: La Casa delle Caramelle, via Cardinal Massaia 4, Piova’ Massaia (Asti).

INFO e PRENOTAZIONI
Annunziata Marina 334/7759253 mary.nereide@gmail.com
Michele Verrastro 333/2176670 michele.verrastro@gmail.com


Per approfondire:
👉Che cos’ è la musicoterapia? Leggi qui per approfondire:
https://musicaeterapia.it/musicoterapia/

👉Che cos’ è la mindfulness? Leggi qui per approfondire:
https://musicaeterapia.it/2019/02/04/che-cose-la-mindfulness/


👉Che cos’ è l’intelligenza emotiva? Leggi qui per approfondire:
https://musicaeterapia.it/2019/02/04/che-cose-lintelligenza-emotiva/

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